Teatro

LONDRA, Tristan und Isolde

LONDRA, Tristan und Isolde

Londra, Royal Opera House Covent Garden, “Tristan und Isolde” di Richard Wagner TRISTANO DA CAMERA Tristano è Isotta è un’opera “anti-figurativa”, un flusso di processi interiori, una storia mentale, e in questa direzione va la nuova produzione per il Covent Garden di Christof Loy, promettente regista tedesco di cui avevamo in precedenza apprezzato Ariadne auf Naxos. Loy fa di Tristano un dramma da camera con una lettura concettuale e rarefatta che evita volutamente aspetti descrittivi e concreti. La scena essenziale di Johannes Leiacker è divisa in due da un sipario per generare spazi diversamente caratterizzati: quello anteriore è dedicato agli interrogativi esistenziali, vuoto e grigio, dominato da una parete contro cui si concentra il gioco scenico, illuminato da una luce fredda che accentua la componente introspettiva, la parte posteriore invece (che appare a intermittenza quando si scosta il sipario) instaura dei legami con la situazione reale con cui la coppia è costretta a confrontarsi e vede una candida sala da ricevimento dai tavoli elegantemente apparecchiati in cui si muovono camerieri e ospiti in smoking, il mondo dell’etichetta di corte allusivo alle nozze regali di Isotta. Durante il preludio del secondo atto un fermo immagine blocca l’azione nella scena posteriore e si vedono i commensali immobili come statue di cera, la sala poi si svuota per dare pieno risalto al confronto notturno tra Tristano e Isotta, seduti a un tavolo uno di fronte all’altro, intenti a vivisezionare il loro passato. Anche nell’estasi amorosa, quando la musica e il canto si fanno sempre più incandescenti, i loro movimenti sono rarefatti e misurati, ma efficaci a trasmettere dietro la calma apparente una forte tensione e tristezza e a mettere a nudo due personaggi vulnerabili e ipersensibili che vivono in un mondo di fantasia fuori dal tempo e dallo spazio. L’interpretazione antieroica dà pieno risalto alla musica, che ritrova la sua funzione privilegiata di preparare, commentare o amplificare quegli sviluppi emozionali che non venendo enfatizzati a livello gestuale ritrovano la loro originaria pregnanza. Nel corso dell’opera i due piani visivi si contaminano, al termine del secondo atto la quinta laterale scorre veloce fino ad incunearsi nel fondo della scena provocando uno choc fra piani perpendicolari e suggerire ferimento e catastrofe e il sangue di Tristano apparirà sui corpi dei commensali riversi sui tavoli. Nel finale il peso del corpo senza vita di Tristano spinge dolcemente a terra quello dell’amata in un abbraccio di amore e morte, Isotta attacca “Mild und leise” sdraiata come in un sogno, Tristano muore mentre lei rifulge trasfigurata nel canto. La produzione funziona per la recitazione vera e coinvolgente e soprattutto per la straordinaria e difficilmente eguagliabile Isolde di Nina Stemme. La voce omogenea e luminosa si libra sopra l’orchestra senza tradire il minimo sforzo, incandescente e sensuale, capace di reggere le lunghe arcate vocali e i passaggi dal fortissimo al pianissimo senza ombra d’incertezza con un’esecuzione che tiene con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Nina Stemme ha affrontato spesso il ruolo e si percepisce una profonda intimità con il personaggio di cui restituisce ogni sfumatura. Selvaggia e fiera come una leonessa ferita sfuma poi violenza e sarcasmo in un malessere esistenziale carico di smarrimento e dolcezza e lo sguardo magnetico riempie la stanza vuota con lampi di rabbia o liquida malinconia. Ben Heppner è uno dei più significativi interpreti wagneriani e tuttora, nonostante la lunga e impegnativa carriera, la voce è ancora ampia e regge il canto spiegato. Il suo Tristano coniuga tenuta vocale a un fraseggio sfumato, dolce e doloroso, adatto a esprimere un lirismo sofferto. Immobile sulla sedia addossata alla parete, con lo sguardo nel vuoto bruciato dal ricordo, rende tangibile l’impossibilità di vivere e amare. Nel ruolo di Marke John Tomlinson è un re senza regno, figura patriarcale che prende su di sé ogni colpa e a cui si perdona la voce tremula e stanca. I due confidenti sono gli anelli di collegamento fra i due outsider e la vita reale e rivelano un forte rapporto emotivo con i due protagonisti: più amica che nutrice la sensibile Brangäne di Sophie Koch, cantante da seguire oltre che per l’affascinante presenza per una voce duttile e ricca di accenti; voce solida e profonda per il Kurwenal di Michael Volle, che nel terzo atto scolpisce un personaggio straziato e tormentato che amplifica il dolore di Tristano. Richard Berkeley Steele è un Melot, sgradevole ed egoista che rappresenta l’uomo senza scrupoli che antepone il favore politico al mondo degli affetti. Fra i ruoli minori ricordiamo il marinaio di Ji-Min Park, il Pastore di Ryland Davies e il pilota di David Kimberg . Antonio Pappano propone una direzione lirica e al tempo stesso trascinante, dai tempi tesi che rendono l’esecuzione intensa e pulsante mantenendo sempre alta l’attenzione dello spettatore. In sintonia con la regia supporta con grande sensibilità il canto senza prevaricare e si avverte una completa fusione fra buca e palcoscenico. Una produzione che va all’essenza del Tristano rendendocelo comprensibile e vicino, non importa se manca la nave, peccato che parte del pubblico non l’abbia capito. Visto a Londra, Royal Opera House Covent Garden, prova generale del 26 settembre 2009 Ilaria Bellini